Ricerca sul Covid: la vitamina D riduce le morti del 60%

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Un nuovo studio spagnolo, condotto da alcuni ricercatori su oltre 900 persone affette da covid, ha dimostrato come su 551 tra questi, alla quale era stato sottoposto un trattamento a base di calcifediolo (vitamina D), solo una piccola percentuale, ovvero il 5,4% (circa 30 persone), sono stati poi condotti in terapia intensiva, a differenza di un 21,1% delle persone alla quale il trattamento non era stato riservato. Dati che dimostrano come questo trattamento abbia ridotto la mortalità del 60% e di come la vitamina D debba essere inserita al più presto nel contesto di guarigione del Covid19. 

Come annunciato dai ricercatori dello studio e riportato su fanpage.it: “abbiamo osservato che nei pazienti Covid ospedalizzati, il trattamento con calcifediolo ha ridotto la necessità di terapia intensiva di oltre l’80%. È importante anche sottolineare – aggiungono gli studiosi – che la somministrazione precoce, prima dello sviluppo dell’insufficienza respiratoria acuta (ARDS) è determinante nella riduzione della mortalità e che l’inizio del trattamento dopo il ricovero in terapia intensiva non ha modificato la sopravvivenza dei pazienti”. Inoltre, è importante sapere che fattori come l’età e obesità sono rischi aggiuntivi in merito alla carenza di vitamina D nelle persone affette dal virus ma che, seppur avendo un’ incidenza decisiva, sia una carenza facilmente correggibile se il trattamento viene fatto in tempo. 

A tal proposito, “l’analisi statistica rivelava che il “peso” delle comorbidità (rappresentate dalla storia di malattie cardiovascolari, broncopneumopatia cronica ostruttiva, insufficienza renale cronica, malattia neoplastica non in remissione, diabete mellito, malattie ematologiche e malattie endocrine) modificava in modo ampiamente significativo l’effetto protettivo della vitamina D sull’obiettivo dello studio, in modo tale che maggiore era il numero delle comorbidità presenti, più evidente era il beneficio indotto dalla vitamina D” come riporta gazzettadelsud.it. Al momento, esistono più di 300 studi che dimostrano un potenziale legame tra il covid e la vitamina D, sebben siano necessari ulteriori accertamenti per chiarire i rischi di eventuali effetti collaterali. 

L’italia è uno dei paesi europei con il maggior numero di casi di ipovitaminosi D (carenza di vitamina D), a causa di una scarsa alimentazione a base di prodotti contenenti questa vitamina, come il latte, yogurt, formaggio e pesce. A tal proposito, il consiglio è quello di sopperire al problema cercando di prendere quanto più sole possibile, possibilmente nelle ore centrali del mattino ed evitando le prime ore del pomeriggio. 

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